Pink moon

Hai un problema con una tua compagna di classe. Il punto è che non si tratta di una compagna qualunque, perché Federica la conosci da quando sei nata. Siete cresciute insieme, per quanto non abbiate mai avuto una frequentazione assidua. Vi incontravate al parco sotto casa la domenica, ogni tanto organizzavamo un’uscita o una cena con i suoi genitori, tutte quelle cose che l’hanno fatta diventare ai tuoi occhi (e forse anche ai nostri), la tua migliore amica.
Cominciate le elementari, te la sei ritrovata in classe.
Il problema è che Federica è sadica e anche un po’ narcisista. Ti cerca, vuole stare con te, ti fa un sacco di moine, fintanto che tu stai giocando o sembri interessata ad altro o ad altri. Se però è lei a giocare con altre bambine e tu ti avvicini dicendo “posso giocare con voi?”, lei ti risponde secca di no, che non sei la benvenuta. Facendoti rimanere continuamente male.

Oltre questo, mi racconti, Federica ama ficcarti in situazioni imbarazzanti, nelle quali lei passa per la buona, vincente, simpatica e tu per la frignona. Vale, per esempio, per le volte che ti provoca e non appena tu reagisci lei scappa dalla maestra per riportare la sua versione dei fatti.
Qualche giorno fa, Federica ha avuto la bellissima idea di venirti a raccontare quanto sia bello avere una sorellina più piccola. “Vedi”, deve averti detto, “avere una sorellina più piccola è meraviglioso, perché vuole sempre giocare con te, non ti senti mai sola e puoi prenderti cura di lei”. Tu, mi sono immaginato, sei rimasta ad ascoltare e le hai fatto dire. Il punto è che a Federica non bastava raccontare qualcosa che sapeva ti faceva male ed ha quindi rincarato la dose dicendoti che purtroppo tu una sorellina non potrai mai averla, visto che i tuoi genitori sono separati. A quel punto sei scoppiata a piangere e sei corsa a raccontarlo alla maestra che ha voluto sentire le versioni di entrambe e ha deciso alla fine che andava aperta una grande finestra sulle coppie separate. Ti ha allora illuminata, smontando l’enorme castello che faticosamente io e tua madre abbiamo costruito in due anni da genitori separati, raccontandoti che a volte le mamme e i papà litigano. Certe volte poi, litigano così tanto che diventa necessario andare a vivere in due case diverse perché non possono più stare nella stessa casa. 

Queste cose ce le hai raccontate solamente dopo una settimana che io e tua madre ti vedevamo strana. Eri assorta, distratta, non riuscivi ad impegnarti nei compiti e spesso ti arrabbiavi eccessivamente per cose relativamente piccole. Alla fine, hai vuotato il sacco e io mi sono sentito come se avessi scalato una montagna altissima e fossi quasi arrivato in cima. Davanti a me comincio ad intravedere la vetta e uno scorcio di orizzonte sereno e sterminato. Poi mentre sto percorrendo l’ultimo tratto di sentiero, spunta qualcuno di lato, mi mette lo sgambetto e io precipito rotolando giù per la cresta della montagna. Questo perché ci sono voluti quasi due anni per convincerti che le mamme e i papà non necessariamente litigano quando decidono di vivere in case diverse. Così come non necessariamente smettono di volersi bene e certo non smettono di volerne ai propri figli. È solo che, come ti ho raccontato tante volte, le cose cambiano, si trasformano, diventano diverse da prima. Nessuno ci può fare niente, perché semplicemente succede. È così che è successo all’amore che tua madre e tuo padre provavano: non è morto, si è solo trasformato. Mamma e papà si vogliono bene e sopra ogni cosa ne vogliono a te. 

Una cosa però, la prossima volta che Federica ha qualcosa da dirti, tappati le orecchie e dille “Non me ne frega niente di quello che mi devi dire! Ora vallo a dire alla maestra!”.

Because the night

Adoro quando sei al parco con le tue amichette, mi vedi arrivare da lontano, fai quella corsa a perdifiato per venirmi incontro e saltarmi in braccio, poi torni dalle tue amiche a giocare per qualche altro minuto e poi dici loro “stasera sono a Testaccio”. Mi fa ridere tantissimo.

Il tragitto da casa di tua madre a casa mia occupa di solito lo spazio di circa venti minuti. In questo spazio chiacchieriamo. Ti chiedo di raccontarmi di scuola oppure generalmente non c’è bisogno di chiederti niente perché tu rompi subito il silenzio dicendo “papi lo sai…” e cominci uno dei tuoi racconti fittissimi, nei quali spesso faccio fatica a raccapezzarmi e sono costretto, di tanto in tanto, a interromperti, facendoti spazientire, per chiedere aggiunte di trama.

Se però durante il tragitto ti vedo stanca oppure ti chiedo di raccontarmi qualcosa e tu mi dici di non averne voglia, allora ti dico “ti faccio ascoltare un pezzo che mi piace un sacco” e ne approfitto per caricare su spotify tutti i miei gruppi preferiti, mentre ti spio dallo specchietto retrovisore per vedere la faccia che fai. È così che ti ho dato in pasto tutta la mia musica migliore. Ti ho fatto ascoltare Jimi Hendrix, i Cream, i Doors, gli Who, i Led Zeppelin, i Credeence, i Free, i Ten Years After, i Blue Oyster Cult, i Velvet Underground. Ho spostato l’attenzione sul grunge e hai conosciuto i Pearl Jam, i Soundgarden, i Nirvana, gli Smashing Pumpkins, i Red Hot Chili Peppers, gli Screaming Trees e gli Alice in chains. Il cantautorato italiano: Guccini, De Andrè, De Gregori, Battiato, Gianmaria Testa, Fossati, Lolli, Daniele e Vecchioni. I grandi classici Neil Young, il boss, Johnny Cash, Lou Reed, Dylan, Bowie. Poi alla rinfusa gli Smiths, i Clash, i Radiohead, i REM, Jeff Buckley. Poi ho pensato che se avessi continuato così avresti pensato che le donne non hanno alcun accesso all’olimpo musicale di tuo padre e allora ultimamente ho cominciato a farti sentire Alanis Morissette, Dolores O’Riordan, i Fairport Convention, Janis Joplin. Ecco, di solito in tutti questi casi tu ascolti, anche con una certa curiosità, poi non mi dici niente fino al momento in cui io ti chiedo “allora? Ti è piaciuto?”. E tu rispondi distrattamente “mmm, sì”, mai particolarmente convinta.

Ultimamente pensavo di aver trovato qualcosa che avesse smosso qualcosa in te quando ho messo su Because the night di Patti Smith, perché mi hai chiesto di riascoltarla. E io felicissimo l’ho fatta ripartire dall’inizio, e poi di nuovo. Alla fine della terza esecuzione, mi hai chiesto di cosa parla la canzone e io l’ho fatta ripartire ancora una volta e ti ho tradotto qualche stralcio del testo. Pensavo che a quel punto mi avresti detto “papà questa canzone mi piace tantissimo”. Invece mi hai detto che era carina. “Come? Solo carina?” Ti ho chiesto io, ma tu eri già da un’altra parte. 

Poi però qualche giorno fa eravamo a casa mia e mi hai detto “papà vuoi sentire la mia canzone preferita?”. “Certo”, ti ho risposto, pensando che avresti tirato fuori una canzone della colonna sonora di uno dei tuoi film di animazione. Hai allora afferrato il mio telefono che era già collegato alla cassa bluetooth, aperto Spotify e senza farti scorgere hai digitato il titolo di una canzone. Dopo qualche secondo sono partite le note di una canzone che non conosco, tu hai afferrato un microfono immaginario – come ho visto fare solamente ad un’altra persona nella mia vita – e cominciato a cantare a squarciagola:

Un po’ mi manca l’aria che tirava 
O semplicemente la tua bianca schiena… nananana 
E quell’orologio non girava 
Stava fermo sempre da mattina a sera. 
come me lui ti fissava 
Io non piango mai per te 
Non farò niente di simile, no mai… nononono 
Si, lo ammetto, un po’ ti penso 
Ma mi scanso 
Non mi tocchi più
Solo che pensavo a quanto è inutile farneticare 
E credere di stare bene quando è inverno e te 
Togli le tue mani calde 
Non mi abbracci e mi ripeti che son grande, 
mi ricordi che rivivo in tante cose… nananana 

Perché la verità è che io posso provare a corromperti con tutte le mie più grandi hit e forse prima o poi troverò qualcosa che colpirà la tua attenzione e magari ti piacerà ma, al di là di tutto, tu sei una persona, con la sua individualità, il suo libero arbitrio e, soprattutto, i suoi gusti. 

E nonostante Tiziano Ferro, è davvero meraviglioso che sia così.
Presto però ti farò conoscere il blues.